La caduta dell’Impero romano

Gli invasori barbari non avevano la deliberata intenzione di provocare la caduta dell’Impero romano d’Occidente, intendendo unicamente stabilirsi sui suoi territori e costruire una vantaggiosa alleanza con l’Impero, impedendo agli altri immigrati barbari di fare lo stesso.[171] Tuttavia, la loro azione violenta, necessaria per costringere lo stato romano a concedere loro lo stanziamento all’interno dell’Impero, contribuì nell’insieme, insieme a fattori interni, alla caduta dell’Impero romano d’Occidente: i saccheggi provocati dai barbari e l’occupazione di intere province determinò infatti un consistente calo del gettito fiscale dell’Impero; infatti, la produzione agricola costituiva una percentuale non inferiore all’80% del PILdell’Impero, con il risultato che le province saccheggiate dai Barbari, con i campi devastati, non erano più in grado di versare le tasse ai livelli di prima; si ritiene che il gettito fiscale delle province più devastate dalle incursioni diminuì dei 6/7.[172]Inoltre, le province completamente perdute non versavano più tasse all’Impero, provocando un ulteriore diminuzione del gettito fiscale.

Poiché gran parte del bilancio dello stato serviva a mantenere l’esercito, una diminuzione consistente del gettito fiscale determinò un ridimensionamento dell’esercito: si stima che la lotta contro gli invasori germanici nel periodo tra il 395 e il 420 abbia portato all’annientamento del 47,5% circa dei reggimenti comitatensi occidentali, perdite che dovettero essere colmate principalmente con la promozione a comitatensi di numerose truppe di frontiera, più che con il reclutamento di nuove leve di soldati di prima classe, probabilmente a causa della diminuzione del gettito fiscale. Cosicché, nonostante l’esercito campale occidentale nel 420 fosse addirittura più grande numericamente rispetto al 395 (181 reggimenti contro i 160 ca. del 395), era in realtà più debole perché il numero dei reggimenti di “veri” comitatensi (escludendo quindi gli pseudocomitatenses) era calato da 160 a 120.[173]

La situazione subì un ulteriore peggioramento con la conquista vandalica del Nordafrica: la perdita di province così prospere (e del loro gettito fiscale) fu un duro colpo per l’Impero romano d’Occidente, che trovatosi per questo motivo in serie difficoltà economiche fu costretto a revocare tutti i benefici fiscali di cui godevano le classi possidenti e a revocare tutti i decreti di esenzione o di riduzione fiscale emanati in precedenza.[174] Questo tentativo di taglio delle spese e di massimizzazione delle entrate non si rivelò però sufficiente a colmare le perdite subite, cosicché, come si ammette in un decreto del 444, lo stato non era più in grado di mantenere un grosso esercito.[29] Nonostante il tentativo di imporre nuove tasse in modo da migliorare il bilancio, intorno al 450 l’Impero aveva perso circa il 50% della sua base tassabile, e, a causa della costante diminuzione del gettito fiscale, l’esercito romano era diventato pressoché impotente di fronte ai gruppi immigrati.[175]

A causa della graduale dissoluzione di un esercito romano vero e proprio, dovuta alla crisi economica provocata dalle invasioni ma anche in parte alla renitenza alla leva, i generali romani come Costanzo e Ezio furono costretti a fare ampio uso di Foederati barbari per combattere altri barbari:[176] ad esempio Costanzo usò i Visigoti contro Vandali, Alani e Svevi, mentre Ezio impiegò gli Unni contro Visigoti e Burgundi tra il 436 e il 439 e circa quindici anni dopo, nel 452, sconfisse i suoi ex alleati Unni grazie all’alleanza con i suoi ex nemici Visigoti e Burgundi. Nel 465 ca., numerosi profughi barbari provenienti dall’ex Impero unno, tra cui gli Eruli di Odoacre, si arruolarono in massa come mercenari nell’esercito romano d’Italia. In seguito alle conquiste dei Visigoti sotto Eurico tra il 469 e il 476, l’Impero perse i suoi territori residui in Gallia e in Hispania, riducendosi alla sola Italia. Il gettito fiscale proveniente dalla sola penisola non era però sufficiente per pagare le truppe “romane” (in realtà per la maggior parte “barbare”) in Italia e, a causa di ritardi della paga, i soldati mercenari barbari di Odoacre si rivoltarono deponendo l’ultimo imperatore romano d’Occidente e inviando le insegne imperiali all’Imperatore d’Oriente Zenone: da ora in poi Odoacre avrebbe governato l’Italia come re, ufficialmente come funzionario dell’Impero romano d’Oriente, ma di fatto autonomamente.

In ogni modo, se è vero che le invasioni provocarono un crollo del gettito fiscale, con inevitabili ripercussioni sulla qualità e quantità dell’esercito, questo fattore da solo non rende inevitabile la caduta finale di un impero: l’Impero romano d’Oriente affrontò una crisi analoga nel VII secolo, allorché perse il controllo di gran parte dei Balcani, invasi dagli Slavi, oltre alle floride province di Siria, Egitto, e Nordafrica, conquistate dagli Arabi. Nonostante la perdita di gran parte del suo gettito fiscale, l’Impero d’Oriente non crollò anzi riuscì persino a riprendersi parzialmente nel corso dei secoli X e XI, sotto la dinastia macedone. Alla sopravvivenza dell’Impero d’Oriente contribuì certamente la posizione strategica della capitale, protetta sia dal mare che dalle possenti e quasi inespugnabili mura teodosiane; ma bisogna anche considerare il fatto che in Oriente l’Imperatore non aveva perso autorità a vantaggio dei capi barbari dell’esercito, al contrario del suo collega occidentale. Se l’Imperatore d’Occidente fosse riuscito a preservare la sua effettiva autorità, non è da escludere che l’Impero d’Occidente sarebbe riuscito a sopravvivere, magari limitato alla sola Italia; in occidente invece l’Imperatore perse ogni potere a vantaggio dei capi dell’esercito di origine barbarica, come Ricimero e Gundobaldo. Odoacre non fece che legalizzare una situazione di fatto, cioè l’inutilità effettiva della figura dell’Imperatore, ormai solo un fantoccio nei mani dei generali romani di origine barbarica. Più che una caduta, la fine dell’Impero, almeno in Italia, può essere interpretata più come un cambio interno di regime in cui si poneva fine a un’istituzione ormai superata e che aveva perso ogni potere effettivo a vantaggio dei comandanti romano-barbarici. Odoacre stesso non era un nemico esterno ma un generale romano di origini barbariche, che rispettò e mantenne in vita le istituzioni romane, come il senato e il consolato, e continuava a governare l’Italia come funzionario dell’Imperatore d’Oriente, pur essendo di fatto indipendente.