La cattività avignonese e il grande scisma d’Occidente

Il quattordicesimo secolo vide sia la cattività avignonese del 1305-1378 sia lo Scisma d’Occidente che durò dal 1378 al 1418. I papi avignonesi furono tutti francesi, ma solo nei primi anni essi furono effettivamente soggetti al re di Francia; con l’inizio della Guerra dei cent’anni la monarchia francese entrò in un periodo di grave crisi, che sollevò il papato dalla sua influenza effettiva. Il prestigio dei papi avignonesi fu anzi molto forte e seppe irradiare in tutta Europa le sue decisioni politiche, teologiche e fiscali. Lo Stato della Chiesa fu amministrato da energici legati pontifici, mentre ad Avignone convergevano artisti di fama internazionale grazie al cospicuo mecenatismo del papato, assieme i maggiori banchieri del tempo. La tendenza generale del tempo, riscontrabile in tutta la società, era però una crisi dei cosiddetti poteri universali (il papato stesso e l’Impero): ormai tra essi e i cittadini si erano definitivamente interposte le monarchie nazionali, che volevano ormai controllare anche gli ecclesiastici. Dall’altro la Chiesa perdeva anche rilievo morale, con una decadenza spirituale che avrebbe portato nei secoli successivi a gravi conseguenze (come la riforma protestante).

Nel 1378, dopo il ritorno del papato a Roma, si giunse al grande scisma d’Occidente. C’erano due pontefici, uno romano e uno avignonese, ciascuno con il suo collegio cardinalizio, che si lottavano scomunicandosi a vicenda e cercando di far valere la propria posizione sulla cristianità. Una soluzione al problema sembrò il ricorso a un nuovo strumento, il conciliarismo, cioè la convocazione di un’assemblea di vescovi frequente, indispensabile per la scelta di questioni teologiche e disciplinari più importanti e addirittura superiore alla volontà del singolo pontefice nei casi più decisi. Nel 1414 il re di Germania Sigismondo di Lussemburgo-Boemia convocò un concilio a Costanza, per discutere la ricomposizione dello scisma, che portò nel 1417 alla deposizione dei tre papi e l’elezione di Martino V, un nobile cardinale romano. Con il documento dell’Haec Santa si stabilì inoltre che un concilio sarebbe dovuto essere indetto ogni 5 anni e fu stabilita la superiorità del concilio sul papa stesso. Il conciliarismo, che toglieva potere al pontefice, non era ben visto dai prelati più vicini alla curia romana, né dal nuovo papa stesso, anche se il peso del successo di Costanza impediva qualsiasi deroga al nuovo principio, nonostante anche le difficoltà obiettive che tali grandi riunioni comportavano, considerando anche le vie di comunicazione e le condizioni di viaggio dell’epoca, sommate alla lunghezza dei lavori conciliari che mancavano della tempestività necessaria per certe decisioni.

Lascia un commento